giovedì 18 novembre 2010

AI 150 ANNI D’ITALIA DAI VALORI PERDUTI

Pompei nuovamente distrutta

Se tu libero sei, dammi un consiglio:
sembra normale che tuo figlio
debba emigrare in cerca di lavoro?

Pusillanimi, inutili, fino a quando
non si spezzerà quel giunco
che si adatta ai valori dello stato:
mafia sconfitta . . . utopìa clericale: è anche lì
e in umani corrotti di “politica” a partire dall’alto.

E la vita trascorre . . . indicando pian piano
chi ti prende la mano o il portafoglio
e alla corsa non scende:
e si sente opportuno, ché si rivaluta sempre;

all’ITALIA d’invana promessa non importa
più niente: si vorrebbe ritrovare virtù,
ritrovare l’Onore dei Nostri Valori Smarriti.



.

2 commenti:

  1. Questa persona, Prof. Enrico Santangelo, PhD,
    è mio figlio, senza Cattedra (primo tra gli esclusi) ha ricevuto ieri 17 Gennaio 2010, per telefono una richiesta. Supplenza alla Scuola Media Statale "Martiri di Cefalonia" di Torino
    dalla Segreteria per 10 (dieci) giorni.
    Si dirà "che fortuna" ma la professionalità e l'ética di mio figlio, docente universitario, non gli ha permesso, con rincrescimento, di accettare: che cosa avrebbe potuto insegnare
    a quei bambini in pochi giorni? Sarebbe potuto bastare un bidello o altro personale della scuola o chiudere la classe.
    Così i tagli sulla scuola pubblica avrebbero funzionato.
    Ho telefonato ad una segretaria di quella scuola e alle mie argomentazioni mi ha dato ragione.
    Comunque per € 500,00 lordi un professore, single, maturo, ospite saltuario delle Suore della mensa del Cottolengo di Torino, aveva accettato.

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  2. Il dottorato: questo sconosciuto. O per lo meno sconosciuto ai “non addetti ai lavori”, perché di dottorandi invece è piena l’Università italiana.

    A Gennaio 2011 si celebreranno i 30 anni dell’istituzione di questo particolare percorso accademico, il quale all’estero, dove viene definito “PhD“, è il primo passo di una carriera accademica normale, e i dottorandi sono trattati come dei ricercatori junior… All’estero, non in Italia.
    Nel nostro paese al termine dei tre anni di dottorato, con un buon 80% di possibilità l’appena celebrato “dottore in ricerca” entrerà a far parte del precariato. Il ruolo di professore, o di una qualsiasi posizione accademica, sarà possibile per una minoranza, 1 neo-dottore su 5 (cioé, vale a dire il 20% dei dottori in ricerca).

    Ciononostante, 40.000 studenti hanno deciso di intraprendere i tre anni di dottorato (con circa 13.000 nuovi iscritti all’anno).
    L’ultimo provvedimento ministeriale per questa categoria accademica è del giugno 2008, quando il ministro Mariastella Gelmini firmò l’aumento della borsa di dottorato da 800 euro a 1.000 euro mensili. Tali borse però, per legge, non possono essere destinate a tutti i dottorandi, ma solo al 50% di essi. Questo il motivo per cui l’esame di ammissione al corso di dottorato termina con una graduatoria che stabilisce quali dei partecipanti sono ammessi al triennio e, tra questi, quali possono ricevere la borsa di studio. Gli altri, i “dottorandi senza borsa“, svolgono lo stesso lavoro di quelli con borsa, ma non solo non vengono retribuiti, bensì pagano l’università con tanto di iscrizione e tasse universitarie, esattamente come normali studenti.

    Fernando D’Aniello, segretario nazionale dell’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani (ADI), fa una panoramica della deprimente situazione italiana sui diritti dei dottorandi:

    “Il bilancio non può che essere negativo, per due ragioni: una strutturale, perché l’Italia è

    un paese che ha sempre investito poco nella ricerca e mancano sbocchi lavorativi adeguati; l’altra contingente, legata alla valorizzazione del titolo, visto che non riceviamo risposte concrete dalla politica. Sono anni che il ministro Gelmini annuncia di voler colpire i baroni e promuovere la meritocrazia negli atenei ma all’orizzonte non si vedono provvedimenti in tal senso”.

    L’ovvia conclusione è che chi termina (a 29 anni suonati, ma anche di più) il dottorato, difficilmente potrà aspirare ad una posizione in qualche impresa o compagnia, non essendo più “giovane mente da forgiare per l’azienda”. E ancor più difficilmente potrà aspettarsi di proseguire con la carriera accademica.
    La soluzione, per molte persone, è quella di emigrare. I più furbi lo fanno scegliendo di svolgere direttamente il dottorato all’estero. Quelli che non affrontano il problema per tempo, lasceranno l’Italia solo al termine del dottorato, cercando ospitalità in ambienti internazionali e sicuramente una migliore valorizzazione del proprio lavoro intellettuale. Offrendo al resto del mondo buone idee, preparazione e lavoro; di cui la patria ciecamente si priva, salvo poi lamentarsi perché i migliori cervelli italiani fuggono all’estero e regalano il merito delle ricerche ad università ed istituti stranieri.

    Fonte: la Repubblica / Foto: cervelliinfuga.it

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